VOLGOGRAD, LA FIACCOLA E LA LIBERTA?

Lasciamo Astrakan con un abbraccio.
Il viaggio si compie nel momento in cui si riesce a non cedere alla
tentazione di fermarsi.
Risaliamo il Volga mentre il paesaggio esplode in una vegetazione
folta di boschi, prati, campi, dolci colline e specchi d?acqua che
riflettono il cielo terso di Russia.
Lungo la strada incontriamo parecchie sagome di auto della polizia in
compensato che dovrebbero fungere da deterrente per gli automobilisti
indisciplinati.
Durante il giorno è impossibile scambiarle per vere pattuglie delle
forze dell?ordine ma conoscendo il tasso alcoolico medio di questo
paese può essere che col buio possano funzionare.
Del resto qui la polizia è molto severa soprattutto con chi guida in
stato di ebrezza.
Raggiungiamo Volgograd da nord dove si trova la centrale idroelettrica
di cui attraversiamo lo sbarramento sul Volga, una costruzione
imponente con una vertiginosa caduta delle acque che muovono le pale
delle enormi turbine!
Non facciamo in tempo ad entrare in città che la sua storia recente ci
esplode in faccia come una bomba.
Ci troviamo davanti la statua che rappresenta la Madre Russia, la
patria che chiama! Raffigura una donna con una spada in mano intenta a
sferrare il colpo! Con il volto fiero è la bocca aperta da cui esce
l?urlo della liberazione. Il seno procace e le estremità potenti sono
simbolo di fertilità e laboriosità.
Costruita negli anni sessanta è alta 52 metri ed è costruita sulla
sommità della collina ?Mamayev Kurgan? che la rende visibile da ogni
parte della città.
Un motto famoso dice che il punto più alto della Russia è proprio la
sommità di questa collina.
Ci portiamo ai suoi piedi dove sorge il mausoleo in memoria dei caduti
nell?assedio di Stalingrado da parte dell?esercito nazista.
Una grossa mano di marmo tiene stretta una fiaccola sempre accesa
sorvegliata costantemente dal picchetto d?onore.
La battaglia di Stalingrado durò dal 21 Agosto del 1942 al 2 Febbraio
del 1943 e 2.000.000 di soldati tra quelli dell?Asse e quelli
Sovietici sono stati uccisi, feriti o catturati e sono 40.000 le
vittime tra i civili.
La città di Stalingrado fu distrutta quasi completamente e si
combatteva di quartiere in quartiere, di casa in casa.
Sui muri delle case in macerie si sono trovate le scritte dei soldati
sovietici : ?Muoio, ma non mi arrendo!?.
La ricostruzione della città cominciò subito, non appena le truppe
tedesche furono messe in fuga.
Quando Krusciov iniziò la politica di destalinizzazione cambiò il nome
della città da Stalingrado a Volgograd. Ma per la gente Stalingrado
ha un potere evocativo che non si affievolisce negli anni e sono molte
le iniziative che tendono a ripristinare lo storico nome.
Sulla scalinata che porta al mausoleo sono riprodotti i suoni e le
voci della battaglia.
Nel mausoleo invece una musica solenne scandisce i minuti mentre sulle
pareti bandiere listate a lutto riportano i nomi dei caduti, uno per
uno, in ordine alfabetico.
Un brivido percorre la schiena dalla testa ai piedi lungo tutto il percorso.
Il pomeriggio vola via insieme alle poche nuvole multiformi che
galleggiano sull?orizzonte. E? il momento di cercare una sistemazione
e una ragazza ci consiglia il Turist hotel costruito nei pressi della
Mamayev Kurgan proprio per accogliere i molti visitatori. E? una
vecchia costruzione in stile sovietico dai prezzi accessibili.
Dal letto riusciamo a percepire la vita palpitante di questa città che
si estende per 70 chilometri.
Ai piedi della nostra finestra scorre il Volga, lento e impassibile,
ma si possono sentire le acciaierie, i cantieri navali e le raffinerie
in continua attività, giorno e notte.

Alberto e Diego

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