Però non vogliamo lasciare questo paese prima di aver visitato le rive
del Caspio.
E? così che decidiamo di deviare dalla strada principale per dirigerci
nella sua direzione, perché ormai siamo perfettamente in sintonia coi
dettami locali.
Il terreno diventa subito sabbioso. Tanta sabbia. Un mare di sabbia.
Quanta ne abbiamo attraversata in questo stato gigante e piattissimo
che addirittura finisce sotto il livello del mare.
Ormai ci siamo abituati a sentire la moto che ti scivola sotto le
mani, che perde aderenza sul posteriore, che si pianta sull?anteriore.
Non facciamo neanche caso al sudore che produciamo a causa della
lievissima tensione. Basta poco.
Seguiamo una sorta di pista irregolare scavata dall?acqua e dal
passaggio di altri veicoli.
Il navigatore segna la direzione e teoricamente saremmo già dovuti
arrivare al mare.
No ci badiamo. Raggiungiamo alcune case e incrociamo alcuni ragazzi
che stanno giocando a torso nudo.
?per il mare?? chiediamo.
Ci indicano di proseguire salutandoci e dicendoci qualcosa che non capiamo.
Ma passata l?ultima duna?..eccolo!
Il mare.
Sulla spiaggia una folla di mezzi e di gente che prende il sole o fa il bagno.
Ci spogliamo anche noi ed entriamo in acqua.
Qui ci accorgiamo che è possibile camminare per centinaia di metri
mantenendo il livello dell?acqua sotto le ginocchia.
Altro che Adriatico, magari!
Qui siamo sul delta del Volga e l?acqua è salmastra. Lo so perché
l?assaggio con un dito.
Usciamo e ci asciughiamo.
Riprendiamo il viaggio e mentre ripercorriamo la pista di sabbia verso
la strada asfaltata stiamo pensando che questa terra così selvaggia,
nonostante i problemi avuti e le difficoltà affrontate, ci resterà nel
cuore.
Intanto seguiamo il GPS nella direzione della strada.
Il tragitto è molto più lungo di quello percorso all?andata.
Ora siamo finiti in un immenso campo di miglio.
Le spighe sono alte e coprono l?orizzonte in tutte le direzioni.
Da una parte è uno spettacolo fantastico, ma dall?altra comincia a
farsi avanti una certa inquietudine. Siamo sicuri di dirigerci verso
la strada?
Il GPS non ci è di alcun aiuto, la pista di sabbia continua a
biforcarsi e non sappiamo da che parte sia meglio andare. Il delta
del Volga è un?area immensa e noi ci siamo persi proprio nel suo cuore.
Improvvisamente sentiamo un rumore. Incredibile ma vero! Una trebbiatrice.
Ci dirigiamo nella sua direzione.
Incontriamo un uomo e i suoi due figli.
Ci viene spontaneo chiedere loro come mai siano in quel luogo.
Ovviamente loro ci girano la domanda e non hanno tutti i torti.
?ci siamo persi? rispondiamo, ?dobbiamo ritrovare la strada asfaltata?.
L?uomo dice che la cosa migliore da fare è tagliare dritto per i campi.
Prende un bastoncino e nella sabbia fa alcuni segni.
Ci spiega che dobbiamo raggiungere il vagone per poi girare a sinistra
proseguire fino al corso d?acqua e poi andare dritti, giungere al
deposito delle macchine e a quel punto trovare la strada.
Noi non siamo sicuri di aver capito esattamente. Lui ci invita a
salire sul tetto della trebbiatrice.
Da lì si riesce a vedere il vagone abbandonato. Questa terra così
piatta è incredibile. Basta sollevarsi di qualche metro per riuscire a
spostare la linea dell?orizzonte molti chilometri più avanti.
Seguiamo i nostri amici per un pezzo e poi tagliamo direttamente per i campi.
Nei punti dove il terreno non è coltivato crescono arbusti e piante di
finocchio selvatico molto alte.
Noi ci finiamo in mezzo senza avere la possibilità di vedere a un metro.
Incredibilmente le moto riescono ad abbattere le piante e a continuare
la loro corsa senza problemi.
Non senza difficoltà riusciamo a raggiungere il vagone.
Ma quando siamo a pochi metri da lui la sabbia della pista ci ingoia!
Siamo insabbiati!
?Calma, tiriamone fuori una alla volta? Diego cerca di stare calmo ma
il tono della voce tradisce la sua agitazione.
Non sappiamo quanto sia lontana la strada e ci stiamo basando su
alcune indicazioni sommarie disegnate sulla sabbia da un contadino del
posto che chissà da quanto tempo vive qui.
?male che vada ci accamperemo qui, acqua ne abbiamo? cerco di razionalizzare.
?no, noi usciamo da questa situazione adesso!? risponde imperioso Diego.
Il sole comincia a calare, saranno le sette, forse anche più tardi.
?Forza!! Uno, due?..dai!? gridiamo, ma la moto si muove poco.
Questa sabbia è troppo compatta.
?Accendi e dai gas, tieni su di giri il motore? mi dice Diego.
?Via! Daii!? urliamo e la moto riesce a liberarsi dalla morsa!
?Ora tocca alla tua!?.
Eravamo convinti che sarebbe stata l?ultima giornata in Kazakistan ma
sembra che non sarà così.
Forse è impossibile lasciare questo paese, le sue distese infinite e
le sue tante meraviglie.
Finalmente raggiungiamo il deposito di camion. In realtà ha più
l?aspetto di un cimitero.
Qui troviamo alcuni uomini che ci guardano come fossimo marziani.
Ma loro non sono da meno.
Uno è vestito di bianco ed ha un cappello a tesa larga. Sembra più un
messicano che un kazako.
Gli chiediamo dove si trovi la strada. Secondo le indicazioni del
contadino dovremmo essere arrivati.
Lui si mette a ridere.
Per la strada ci sono altri 7 chilometri di sabbia.
?e per un punto di rifornimento?? chiediamo.
?per quello ne dovete percorrere altri 70 sull?asfalto!? ci risponde
sempre sarcastico.
7 chilometri non sono molti quando sei riposato. Ma quando hai guidato
per molti chilometri nella sabbia e hai dovuto disincagliare due moto
diventano troppi!
Forza che ci siamo.
?Eccola!!? esclamo quando mi appare il nastro d?asfalto davanti agli occhi.
Abbiamo fatto una bella deviazione e la Russia è ancora lontana.
Il rifornimento lo faremo a Kyzyldzhar dove arriviamo col buio.
Una decina di km prima di entrare in città abbiamo incontrato un posto
carino da cui si levava il fumo di una grigliata.
La ragazza ci dice che per mangiare non ci sono problemi ma che le
stanze sono tutte occupate.
Le facciamo capire che ci accontentiamo di una sistemazione spartana e
che saremmo disposti anche a montare la tenda nel loro cortile se ci
permettessero l?uso del bagno.
Allora ci porta in una sala da pranzo ?it?s ok?? ci chiede
?sure, spassiba bolshoy ? le rispondiamo.
Scarichiamo l?indispensabile dalla moto mentre un bulldog prima ci
abbaia e poi si mette a fare la guardia alle moto. Siamo più sicuri.
Per noi domani ci sarà la Russia.
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