kazakistan: da turkistan a baykonur

Riprendiamo il nostro viaggio verso il cuore del Kazakistan.
Facciamo una prima tappa a Turkistan. Il nome della città è dovuto
alla presenza di un famoso santuario costruito da Tamerlano (Timur lo
zoppo) in ricordo di Kheza Ahmed Yasaui, il primo santo musulmano di
origine turca.
Dopo alcune ore di steppa sembra quasi di vivere un miraggio quando si
raggiunge questa città ricca di mistero e cultura.
Il santuario è imponente, rigoroso e molto ben conservato.
Ma entrando in città si incontra anche l?edificio moderno che ospita
l?università costruito dal governo turco. Sono molti i ragazzi che
giungono fin qui per studiare.
Ne incontriamo qualcuno. Sono gentili e molto curiosi, ma ci colpisce
il modo in cui ci accolgono perché anche loro sono stranieri in questa
terra e da qui anche la Turchia è molto lontana e per questi ragazzi
siamo quasi compaesani.
Ci chiamano fratelli e ci dicono di essere onorati di incontrarci e di
conoscerci.
Lo siamo anche noi.
In breve tempo le nostre moto sono circondate da gente di tutte le
età. C?è una famiglia kazaka in pellegrinaggio e la figlia parla un
po? di inglese. Sono quasi stupiti di sapere che siamo venuti a
visitare il santuario. Per la verità li stupisce il solo fatto che ne
siamo a conoscenza.
La ragazza diventa l?interprete per le domande di tutti i presenti ai
quali traduce le nostre parole.
All?ingresso del santuario si trovano alcune signore che
distribuiscono un velo bianco alle donne che ne siano sprovviste.
L?ingresso è gratuito ma ci pregano di non filmare e di non scattare
foto. Diego tiene comunque la telecamera accesa e qualche immagine la
riusciamo ad ottenere.
Entriamo nell?edificio in punta di piedi, con rispetto e ci facciamo
rapire dall?atmosfera, come se fossimo passati per un varco temporale.
Sono molti i visitatori, soprattutto donne e alcune seguono una
guida. Nel gruppo scorgiamo anche la famiglia incontrata nel
parcheggio.
Le didascalie sono scritte in cirillico e non ne capiamo il senso, ma
ci muoviamo seguendo le nostre emozioni, rapiti dalla vista delle
cupole di un bianco lattescente e di una geometria astratta che che ne
esalta la prospettiva.
La salma del santo giace in un sarcofago al?interno di una stanza
segreta e la si può scorgere solo attraverso le apposite aperture
sulla parete.
All?uscita ci aspetta un?altra sorpresa. E? usanza che le giovani
coppie di sposi si rechino al santuario come per ricevere una
benedizione sulla loro unione.
Ne sta passando una proprio adesso, la sposa sfoggia un abito bianco
ricamato ed il suo particolare copricapo conico, come quello di una
fatina da cui pende un velo che svolazza al vento.
Come si accorgono della nostra presenza ci salutano con cortesia.
Sono due ragazzi molto giovani poco al di sopra dei vent?anni, così
come gli amici che li accompagnano.
Una ragazza ci chiede se parliamo inglese.
E? bellissima, giovane e piena di entusiasmo. Il sole sta calando e ci
chiede dove passeremo la notte.
Le rispondiamo che cercheremo un luogo tranquillo nella steppa. Lei ci
sorride e ci guarda incredula e al tempo stesso ammirata.
I campi nel nulla sono tra i nostri momenti preferiti. Con la luna
piena non serve nemmeno la torcia.
Abbandoniamo al silenzio il nostro corpo.

La mattina dopo giungiamo a Qyzylorda.
Non appena ci fermiamo per consultare la guida si presenta un ragazzo
giovane. Non parla inglese ma si propone di aiutarci. Ci porta a
mangiare in un caffè. Ci racconta di essere un doganiere e di lavorare
al nord.
Gli chiediamo delle condizioni della strada tra Aral e Actobe, che
potrebbe darci qualche problema.
Lui conferma i nostri timori e con una risatina quasi di soddisfazione
ci dice che ci troveremo davanti almeno 250 km di inferno. Poi fa
qualche telefonata per informarsi sulle distanze tra le città e sulla
possibilità di trovare un posto dove rifornirci di carburante.
Tra le due città ci sono 500km e le condizioni della strada sono
pessime. Abbiamo già un?idea di ciò a cui andremo incontro. Prima di
partire abbiamo guardato il dvd di ?LONG WAY ROUND?, il viaggio
intrapreso da Ewan Mcgregor e il suo amico Borman.
Anche loro hanno attraversato il Kazakistan però in senso inverso
rispetto a noi. Quel tratto di strada per loro è stato un
incubo:continue cadute su un terreno sconnesso e uno di loro ha
addirittura spaccato il telaio della moto.
Per fortuna il nostro amico ci rassicura sulla presenza di un punto di
rifornimento a metà strada.
Ma intanto ci gustiamo i nostri Langman in brodo, veramente gustosi e
le zucchine scottate in aceto.

Finito di pranzare e dopo un breve giro per la città il nostro amico
ci mette sulla strada per la prossima tappa: BAYKONUR!
Questa è la città che ospita il famoso cosmodromo da cui venne
lanciato nello spazio il grande GAGARIN, primo uomo in orbita attorno
al nostro pianeta.
Riecheggiano ancora le sue parole proferite a Brezhnev una volta
rientrato dalla missione:
?Compagno Presidente, vista da lassù la terra non ha confini?, nessuna
cortina, nessun muro.
Siamo emozionatissimi.
Il cosmodromo era un luogo ?top secret? ma dopo il crollo della ex
unione sovietica esiste la possibilità di accedervi, ed al suo interno
esiste anche un museo che noi siamo ovviamente desiderosi di visitare.
In sella alla moto sogniamo con lo sguardo perso nella steppa ma
veniamo attratti da qualcosa che punta nella nostra direzione.
Sono due motociclisti!!
Ci fermiamo e ci salutiamo come vecchi amici. Uno è moscovita, l?altro
una specie di gigante che fuma la pipa, è estone. E? imperativo lo
studio della cartina e ci confrontiamo sugli itinerari. Anche i loro
racconti sul tratto Aral-Actobe non sono rassicuranti. Una delle moto
porta ancora i segni di una brutta caduta.
Loro hanno attraversato la regione di Aral guidati dal GPS ignorando
perfino le piste. Sulla moto però hanno alcune taniche di benzina
senza le quali non sarebbero riusciti nell?impresa.
Eccoci lì, 4 uomini uniti dalla passione per l?avventura e per la
moto, a confrontarci, a consultare le mappe, i GPS, a scambiarci
importanti informazioni su dove accamparsi, trovare l?acqua e la
benzina, su quali siano i luoghi più emozionanti. Oggi sono cambiati
i mezzi e gli strumenti sono tecnologicamente avanzati, ma quello che
stiamo vivendo è l?antico rituale dei viaggiatori, degli esploratori.

Lungo la strada, nella steppa sterminata cominciano a comparire alcuni
edifici dismessi. L?eccitazione sale! Stiamo entrando nella zona del
cosmodromo!!
Al suolo sono visibili i segni di alcune costruzioni che ora non esistono più.
Improvvisamente eccole!! Le grosse parabole del centro radio del cosmodromo!!
Imbocchiamo direttamente la via che ci porta davanti al cancello principale .
Sappiamo che non ci permetteranno di entrare ma vogliamo provarci lo
stesso e poi cercheremo di raccogliere informazioni su come fare per
poter accedere al museo.
Ci vengono incontro due militari in parte stupiti di vederci.
Noi attuiamo la tecnica dei turisti sprovveduti e con il massimo
candore chiediamo se è possibile visitare il museo. Dai loro sorrisi
divertiti capiamo che sarà molto dura riuscire ad entrare.
Infatti ci spiegano, rigorosamente in russo, che per entrare dobbiamo
rivolgerci ad un?agenzia in città ma che non sarà facile riuscire a
passare visto che Baykonur città è un?enclave russa, come del resto
l?immenso cosmodromo.
Noi spieghiamo loro quale sia la passione che ci ha spinto fino a quel
luogo così remoto, parliamo di astronomia, di Gagarin, di
fantascienza, rigorosamente in inglese. Fumiamo insieme una sigaretta.
Chiediamo se è previsto qualche lancio e veniamo a sapere che il
prossimo sarà a metà agosto di notte. Ci immaginiamo lo spettacolo! La
partenza infuocata si dovrebbe riuscire a vedere da chilometri di
distanza nella steppa! Che meraviglia sarebbe essere lì quel giorno!
Il soldato più anziano ci dice che in città si trova l?hotel Sputnik
che applica buone tariffe e forse parlano italiano.
Anche essere lì, solo davanti a quel cancello, a parlare con i due
soldati ci emoziona.
Ci salutiamo e ci rechiamo all?ingresso della città passando accanto
alla ferrovia che tutti i giorni porta i lavoratori all?interno del
cosmodromo.
In lontananza si riesce a vedere l?edificio in cui vengono costruiti
i razzi, altissimo, imponente. Pare che sia così alto che a causa
della condensa si formino delle nuvole al suo interno.

Arrivati al check point un soldato senza nemmeno aver controllato i
nostri documenti ci intima di lasciare la fila che tanto sarà
impossibile entrare.
Non ci diamo per vinti. Parcheggiamo le moto e ci rivolgiamo all?altro
soldato nella guardiola. Questo è più gentile e sebbene ci sia una
fila continua di mezzi, ascolta le nostre ragioni e ci risponde
garbatamente, sempre e solo in russo.
Gli diciamo che dobbiamo andare all?agenzia per chiedere
l?autorizzazione all?accesso per il museo del cosmodromo. Lui dice che
dobbiamo telefonare ma che parlano solo russo. Ci spiega che comunque
l?agenzia ci mette qualche giorno a prendere in esame le richieste e
difficilmente accetta quelle di cittadini non russi a meno che non
siano lì per conto di qualche agenzia di stampa o per lavoro.
Noi insistiamo. Gli facciamo vedere i nostri passaporti con i visti
per la Russia. Lui fa una chiamata e poi segna i numeri dei nostri
visti. Pensiamo che sia fatta! Invece è una precauzione di sicurezza,
semmai ci venisse l?idea di entrare clandestinamente in città. La cosa
non sarebbe impossibile.
Sappiamo infatti che ci sono alcuni punti del muro di cinta dai quali
è possibile entrare.
Ma noi non vogliamo rischiare.
Lasciamo delusi il check point e andiamo a Torettam, la parte kazaka
della città dove mangiamo degli spiedini di pollo alla brace e beviamo
una birra.
Qui siamo accolti con estrema cortesia dalla famiglia che gestisce il chiosco.
Raccontiamo la nostra disavventura coi Russi e anche loro ci dicono di
non essere mai riusciti ad entrare nel cosmodromo ma di conoscere il
modo di entrare in città.
Sono molto simpatici e ci fanno sentire a casa. Il tempo passa e noi
stiamo proprio bene chiacchierando, mostrando qualche video del nostro
viaggio, facendo ascoltare la nostra musica dall?I-pod e scattando foto.
Loro ci offrono un?ottima birra Kazaka!
Solo il tramonto ci fa recuperare il senso del tempo. Dobbiamo montare
il campo ed è ora di andare.
Mentre ci prepariamo ci rendiamo conto di essere sbronzi!
Salutiamo i nostri amici e decidiamo di piazzare la tenda nella steppa
all?interno del perimetro del cosmodromo.
Il tramonto è meraviglioso e la notte sarà illuminata dalle luci del
centro radio. Siamo pronti per il lancio!
Tre,due,uno?..buona notte!!

Alberto e Diego

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bravo Alberto e avanti con il racconto, ti leggo sempre molto volentieri.

Foto sempre belle e coinvolgenti, bravo Diego.

Un abbraccio a voi due

H.

Anonimo ha detto...

Strati fortemente emotivi, interessanti continuano a raggiungerci RAGAZZI...ci offrite l'impatto con l'estensione estrema, isolamento e silenzi di una Natura Formidabile che vi accende i "fari e la Mente" e orienta il polposo gusto del vostro andare IN QUALUNQUE CONDIZIONE.
Eternamente Affascinati seguiamo il LIMO della vostra esperienza di tanto mondo...pregustando i ritmi e il clima di luoghi e terre solcate
raramente...
Porto con me nella notte i vostri scenari immortalati...e mi addenso di sogni che per VOI sono possibili

SEMPRE GRAZIE...e fatevi abbracciare.

THEA