KAZAKISTAN DA BAYCONUR AD ARAL

L'aria è fresca e il sole sorto da poco.
Disfiamo il campo in silenzio, rapiti dalla magia del posto o forse
ancora persi nei sogni della notte appena terminata.
Lasciamo che il vento ci racconti del Mare di Aral, delle sue
vicissitudini, della sua gente.
E' proprio lì che siamo diretti, intenzionati a vedere coi nostri
occhi uno dei più spaventosi disastri ambientali provocati dall'uomo e
dalle sue sconsiderate attività .
Ci muoviamo con le moto nella steppa perchè ci siamo accampati lontani
dalla strada, il terreno è sabbioso e instabile e la situazione è
ulteriormente complicata dalla presenza di arbusti secchi su cui le
moto saltano. Mi accorgo che davanti a me, sulla sinistra, c'è una
zona priva di arbusti dove il terreno sabbioso è piano.
Con un colpo di acceleratore devio la rotta della moto e mi dirigo su
quella che si presenta ai miei occhi come una corsia preferenziale.
Mi ricredo immediatamente quando, giunto sul luogo, sento la ruota
posteriore sprofondare come ingoiata dal terreno!!
Non ci metto molto a rendermi conto che mi sono letteralmente tuffato
in una zona di sabbie mobili!
Infatti rimango bloccato con la sabbia alle ginocchia.
Diego si avvicina con uno sguardo molto chiaro e che significa: "ecco,
è arrivato il genio della lampada!".
In parte è divertito, in parte il "fuori programma" si preannuncia
faticoso e la cosa non ci rende particolarmente felici.
A guardare la moto si direbbe impossibile che possa venire fuori dalla
sua fossa. Naturalmente cominciamo a scavare cercando di liberare la
ruota e il telaio della moto all'altezza del motore.
Non avendo nessun attrezzo adatto lo facciamo con le sole mani nude!
Una volta liberata la old lady dalla morsa del terreno, a Diego viene
un'idea geniale: usare il coperchio della borsa laterale, in
alluminio, come rampa di lancio per fare presa sulla sabbia!
Accendo il motore, lo tiro su di giri, inserisco la marcia e mollo la
frizione!
La mitica schizza fuori dalla buca e la dirigo velocemente in una zona
di terreno più compatto.
Anche questa è fatta!
Siamo stanchi, sudati e pieni di sabbia, ma non ci fermiamo,
riprendiamo subito la strada perchè Aral è ancora lontana.
La steppa Kazaka è selvaggia e siamo immersi in un paesaggio onirico,
quasi irreale.
Ci fermiamo curiosissimi presso una strana torre d'avvistamento in
alluminio rivestita da una plastica blu!
Sarà alta circa 7 metri e al suo interno saliamo una scala a
chiocciola che in alcuni punti è pericolante.
Soffia un vento forte ma dalle feritoie in lontananza scorgiamo un
lago, Aralsky è vicina!!
Camminiamo tra le piccole dune lasciando i solchi del nostro passaggio
che il vento non impiegherà molto tempo a riempire così come sta
facendo coi nostri sogni.
L'emozione e la suggestione mi hanno fatto dimenticare il problema del
mio carburatore e ora sotto la mia moto trovo una pozza di benzina!
La mia autonomia si è ridotta drasticamente ed è molto tempo che non
incontriamo la possibilità di rifornirci, la città non è poi alle porte.
Il mio serbatoio di riserva è quasi vuoto e il forte vento aumenta
considerevolmente i consumi.
Dò uno sguardo allo specchietto e mi accorgo che Diego sta rallentando
fino a fermarsi.
Anche lui ha finito la riserva ma ha il serbatoio accessorio entro
breve mi raggiungerà!


ARAL
La città mi accoglie con un'insegna e subito dopo un check point.
Dall'altra parte della strada rispetto al posto di blocco c'è un
distributore apparentemente abbandonato.
Il vento è ora più forte e solleva una nube di sabbia che riveste ogni
cosa. Mi sembra di vivere in un film di Sergio Leone!
Mi rivolgo al militare, dopo avergli consegnato il passaporto e avere
risposto alle sue domande, gli indico la vecchia stazione di
rifornimento e gli chiedo:"Benzin?".

Diego non si fa vedere. Comincio a pensare che sia successo qualcosa.
Per accertarmene però devo prima riempire i miei serbatoi.
Finalmente raggiungo il centro abitato. Mi fermo in un paio di posti
ma qui la benzina è finita.
Mi mandano sempre più avanti, e finalmente giungo a destinazione!
Risalgo la strada per il distributore e......la moto si spegne!
La spingo in salita, carica, pesante, per fortuna per pochi metri.
Fatto il pieno riparto in cerca di Diego, l'ultima volta l'ho visto a
30 km dalla città, azzero il contachilometri parziale e sono già in
strada!
Arrivato sul punto vedo un camion fermo dall'altra parte della strada
e un gruppetto di persone intorno alla moto di Diego.

Mi fermo e lo vedo impegnato a spiegare il problema ai kazaki.
Ha rotto il pattino scorricatena, e poco dopo è rimasto senza benzina
anche lui. Quando si è messo a spingere la moto si è accordo che il
telaio di sostegno delle borse laterali si è rotto in un punto.
A sentire il camionista ad Aral potremo trovare un saldatore ma non
riusciamo a capire dove.
Intanto Diego mi dice che è stato fermo a bordo strada per parecchio
tempo e nessuno si è fermato. Probabilmente la gente scambiava i suoi
gesti per dei saluti.
Realtà molto differente rispetto a quella pakistana o iraniana dove
non facevamo in tempo a fermarci che ci trovavamo avvolti da una
piccola folla ben disposta.
Diego travasa un po? di benzina, poi inventa una fasciatura con alcune
cinghie che avevamo usato per la spedizione delle moto dall'Iran per
tenere la borsa laterale ancorata il più possibile al telaio.
Non sappiamo se reggerà, ma non possiamo fare altro che provare.
Torniamo ad Aral e lo guido fino al rifornimento.

Nel frattempo decidiamo di mangiare e scegliamo un caffè in una zona
centrale della città.
Mentre sistemiamo le moto si avvicina una ragazza che parla inglese e
ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto, noi spieghiamo il problema e le
chiediamo se conosce un saldatore.
Lei ci dice di vivere ad Almaty e di essere lì in vacanza,
sfortunatamente non può esserci di aiuto.
Dopo aver bevuto dell'ottimo succo di mela e mangiato dei LANGMAN in
brodo (tipici spaghetti lunghi del centr'asia) ci sentiamo più
rilassati e il mondo torna a sorriderci.
Ora dobbiamo trovare il modo di risolvere i problemi alla moto di
Diego altrimenti il viaggio non può proseguire.
Mi alzo per pagare quando entra una ragazza giovane, carina, che
sembra cercare qualcuno.
ci si avvicina e ci chiede, in inglese, se abbiamo bisogno d'aiuto. Le
spieghiamo il problema e lei ci dice che suo padre è un saldatore, poi
capiamo che è stata la prima ragazza che abbiamo incontrata a mandarla
da noi.
Incredibile!!!Non abbiamo dovuto girare la città come matti, anzi, è
lei che è venuta a cercarci.
Quanto abbiamo fatto bene a fermarci a mangiare!!
La seguiamo fino a casa sua.
Nel frattempo ci racconta che stà frequentando la high school e che ha
un sacco di amici stranieri coi quali si esercita a parlare inglese,
si chiama Mahrabat, (in italiano Rosa), è' gentile, simpatica ed
estremamente furba ed intelligente.
Un ragazzo dell'officina viene a controllare la moto per capire che
tipo intervento sia necesario, dopo una rapida occhiata ci dice di
aspettare, deve finire un lavoro e poi sarà il nostro turno. Intanto
Diego si occupa del pattino catena, chiede agli amici di Mahrabat di
recuperare un vecchio copertone di bici e da quello ricaverà un
rudimentale pattino che eviterà alla catena di strisciare direttamente
sull?lluminio del forcellone posteriore. Visto che il lavoro andrà per
le lunghe, chiediamo alla nostra ospite se conosce un posto dove poter
dormire senza spendere troppo.
Lei ci dice che gli hotel in città sono molto cari e si informa sulle
nostre esigenze. Chiarito subito Avendo capito che sappiamo tipi
molto adattabili ci dice che potrebbe chiedere al padre di ospitarci
nella loro casa.
Noi rispondiamo che ne saremmo onorati, ma che non vorremmo arrecare
disturbo alla sua famiglia o crearle alcun problema.
Lei si allontana e poco dopo ritorna senza però darci una risposta.
"Hai saputo qualcosa?" le chiediamo in modo tranquillo.
Lei fa la vaga come se si vergognasse a rispondere.
-"Stai tranquilla, per noi non ci sono problemi, non vogliamo disturbare".
-"No, non è per questo......è che mio padre ha detto che sarebbe disposto....
ma per voi 2000 tenghe sarebbe troppo?".
Sorridiamo e la togliamo dall'imbarazzo accettando senza problemi, la
cifra è veramente economica anche per il Kazakistan.
-"Sarebbe compresa anche la cena e la colazione" aggiunge con nostra
somma gioia!

Come ospiti importanti la stanza destinataci è quella più recente,
verniciata di fresco e con gli infissi nuovi. Purtroppo l'odore della
vernice è fortissimo, fa molto caldo e le finestre non si possono
aprire.
Rosa è preoccupata che la stanza non ci vada bene.
La rassicuriamo sul fatto che sia perfetta, ma che noi preferiremmo
dormire all'aria aperta.
Nessun problema, la famiglia infatti è solita dormire nel cortile
durante le calde notti estive e anche noi ci accomoderemo sotto le
stelle.

Dopo aver gustato ottimi PELMIENI in brodo (ravioli ripieni di carne),
andiamo a fare un giro al vecchio porto ormai in disuso. E'
impressionante vedere le sponde di un mare che non esiste più. Qui è
rimasta solo una piccola flotta di quattro pescherecci, i resti della
vecchia fabbrica che inscatolava i pesci e un edificio di legno di cui
rimangono solo le mura esterne.
Cerchiamo di immaginarci come poteva essere la vita quando questo
posto era ancora in piena attività e non facciamo fatica a sentire i
suoni e le voci di una città di mare che vive di una fiorente attività
peschiva. Rimaniamo incantati e sorpresi perchè in realtà pensavamo
che saremmo stati assaliti dalla desolazione e dall'inquietudine di
quel vuoto.

La mattina dopo salutiamo i nostri ospiti e facciamo visita ad una
associazione cittadina che si occupa del recupero del disastro
ambientale. Scopriamo che è stata costruita una diga in prossimità
dell'estuario della Sirdharia che impedisce che le preziose acque del
fiume si disperdano nel nulla. In 10 anni il livello del mare è
aumentato di ben 12 metri.
Ci mettiamo immediatamente in marcia alla ricerca del Mare perduto!
Seguendo le indicazioni dei motociclisti russi incontrati tre giorni
fa , percorriamo più di 80km di sterrato, raggiungendo un vecchio
villaggio di pescatori da cui è possibile proseguire fino ad uno dei
vari cimiteri di navi da pesca arenate sul fondo secco del mare.
Superato il villaggio vediamo le sagome delle navi da lontano e
l'emozione comincia a salire. Avvicinandoci troviamo degli scheletri
arruginiti che la gente ha depredato per portare via fino all'ultima
lastra utilizzabile.
Ci rendamo conto di essere in una parentesi fuori dal tempo.
Ma le rive sabbiose che abbiamo attraversato, il cielo vivo, colorato,
popolato di nuvole, la luce non ci trasmettono la sensazione
d'angoscia che ci saremmo aspettati, non ci sentiamo inquietati, anzi,
siamo pervasi da una dolce calma.
Diego si muove a rallentatore per mimare le movenze di un sub o forse
di un'astronauta e in entrambi i casi non sbaglierebbe. Siamo
effettivamente su quello che era il fondo del mare di Aral,
testimoniato dal fatto che camminiamo sui gusci delle conchiglie e su
quello che rimane delle alghe; ma siamo anche su un altro pianeta dove
tutto si muove nella sua immobilità.
Guardare Diego mi fa pensare che forse noi siamo due palombari
improbabili sul fondo della stupidità umana!
Ci spostiamo oltre in cerca del mare, siamo determinati a raggiungere
le acque che ci sembrano vicine.
Più ci avviciniamo però e più il fondo diventa limaccioso.
Le nostre moto pesanti sprofondano e rischiamo di impantanarci.
Decidiamo a malincuore di tornare indietro, ma prima ci lanciamo a
tutta velocità al centro del mare surfando con la moto!
Parte Diego e lo riprendo mentre solleva una nuvola di fango e il
motore su di giri lo tiene a galla e parisce dietro la curva.
Allora metto via la mia sony e mi lancio dietro di lui!


alberto e diego

kazakistan: da turkistan a baykonur

Riprendiamo il nostro viaggio verso il cuore del Kazakistan.
Facciamo una prima tappa a Turkistan. Il nome della città è dovuto
alla presenza di un famoso santuario costruito da Tamerlano (Timur lo
zoppo) in ricordo di Kheza Ahmed Yasaui, il primo santo musulmano di
origine turca.
Dopo alcune ore di steppa sembra quasi di vivere un miraggio quando si
raggiunge questa città ricca di mistero e cultura.
Il santuario è imponente, rigoroso e molto ben conservato.
Ma entrando in città si incontra anche l?edificio moderno che ospita
l?università costruito dal governo turco. Sono molti i ragazzi che
giungono fin qui per studiare.
Ne incontriamo qualcuno. Sono gentili e molto curiosi, ma ci colpisce
il modo in cui ci accolgono perché anche loro sono stranieri in questa
terra e da qui anche la Turchia è molto lontana e per questi ragazzi
siamo quasi compaesani.
Ci chiamano fratelli e ci dicono di essere onorati di incontrarci e di
conoscerci.
Lo siamo anche noi.
In breve tempo le nostre moto sono circondate da gente di tutte le
età. C?è una famiglia kazaka in pellegrinaggio e la figlia parla un
po? di inglese. Sono quasi stupiti di sapere che siamo venuti a
visitare il santuario. Per la verità li stupisce il solo fatto che ne
siamo a conoscenza.
La ragazza diventa l?interprete per le domande di tutti i presenti ai
quali traduce le nostre parole.
All?ingresso del santuario si trovano alcune signore che
distribuiscono un velo bianco alle donne che ne siano sprovviste.
L?ingresso è gratuito ma ci pregano di non filmare e di non scattare
foto. Diego tiene comunque la telecamera accesa e qualche immagine la
riusciamo ad ottenere.
Entriamo nell?edificio in punta di piedi, con rispetto e ci facciamo
rapire dall?atmosfera, come se fossimo passati per un varco temporale.
Sono molti i visitatori, soprattutto donne e alcune seguono una
guida. Nel gruppo scorgiamo anche la famiglia incontrata nel
parcheggio.
Le didascalie sono scritte in cirillico e non ne capiamo il senso, ma
ci muoviamo seguendo le nostre emozioni, rapiti dalla vista delle
cupole di un bianco lattescente e di una geometria astratta che che ne
esalta la prospettiva.
La salma del santo giace in un sarcofago al?interno di una stanza
segreta e la si può scorgere solo attraverso le apposite aperture
sulla parete.
All?uscita ci aspetta un?altra sorpresa. E? usanza che le giovani
coppie di sposi si rechino al santuario come per ricevere una
benedizione sulla loro unione.
Ne sta passando una proprio adesso, la sposa sfoggia un abito bianco
ricamato ed il suo particolare copricapo conico, come quello di una
fatina da cui pende un velo che svolazza al vento.
Come si accorgono della nostra presenza ci salutano con cortesia.
Sono due ragazzi molto giovani poco al di sopra dei vent?anni, così
come gli amici che li accompagnano.
Una ragazza ci chiede se parliamo inglese.
E? bellissima, giovane e piena di entusiasmo. Il sole sta calando e ci
chiede dove passeremo la notte.
Le rispondiamo che cercheremo un luogo tranquillo nella steppa. Lei ci
sorride e ci guarda incredula e al tempo stesso ammirata.
I campi nel nulla sono tra i nostri momenti preferiti. Con la luna
piena non serve nemmeno la torcia.
Abbandoniamo al silenzio il nostro corpo.

La mattina dopo giungiamo a Qyzylorda.
Non appena ci fermiamo per consultare la guida si presenta un ragazzo
giovane. Non parla inglese ma si propone di aiutarci. Ci porta a
mangiare in un caffè. Ci racconta di essere un doganiere e di lavorare
al nord.
Gli chiediamo delle condizioni della strada tra Aral e Actobe, che
potrebbe darci qualche problema.
Lui conferma i nostri timori e con una risatina quasi di soddisfazione
ci dice che ci troveremo davanti almeno 250 km di inferno. Poi fa
qualche telefonata per informarsi sulle distanze tra le città e sulla
possibilità di trovare un posto dove rifornirci di carburante.
Tra le due città ci sono 500km e le condizioni della strada sono
pessime. Abbiamo già un?idea di ciò a cui andremo incontro. Prima di
partire abbiamo guardato il dvd di ?LONG WAY ROUND?, il viaggio
intrapreso da Ewan Mcgregor e il suo amico Borman.
Anche loro hanno attraversato il Kazakistan però in senso inverso
rispetto a noi. Quel tratto di strada per loro è stato un
incubo:continue cadute su un terreno sconnesso e uno di loro ha
addirittura spaccato il telaio della moto.
Per fortuna il nostro amico ci rassicura sulla presenza di un punto di
rifornimento a metà strada.
Ma intanto ci gustiamo i nostri Langman in brodo, veramente gustosi e
le zucchine scottate in aceto.

Finito di pranzare e dopo un breve giro per la città il nostro amico
ci mette sulla strada per la prossima tappa: BAYKONUR!
Questa è la città che ospita il famoso cosmodromo da cui venne
lanciato nello spazio il grande GAGARIN, primo uomo in orbita attorno
al nostro pianeta.
Riecheggiano ancora le sue parole proferite a Brezhnev una volta
rientrato dalla missione:
?Compagno Presidente, vista da lassù la terra non ha confini?, nessuna
cortina, nessun muro.
Siamo emozionatissimi.
Il cosmodromo era un luogo ?top secret? ma dopo il crollo della ex
unione sovietica esiste la possibilità di accedervi, ed al suo interno
esiste anche un museo che noi siamo ovviamente desiderosi di visitare.
In sella alla moto sogniamo con lo sguardo perso nella steppa ma
veniamo attratti da qualcosa che punta nella nostra direzione.
Sono due motociclisti!!
Ci fermiamo e ci salutiamo come vecchi amici. Uno è moscovita, l?altro
una specie di gigante che fuma la pipa, è estone. E? imperativo lo
studio della cartina e ci confrontiamo sugli itinerari. Anche i loro
racconti sul tratto Aral-Actobe non sono rassicuranti. Una delle moto
porta ancora i segni di una brutta caduta.
Loro hanno attraversato la regione di Aral guidati dal GPS ignorando
perfino le piste. Sulla moto però hanno alcune taniche di benzina
senza le quali non sarebbero riusciti nell?impresa.
Eccoci lì, 4 uomini uniti dalla passione per l?avventura e per la
moto, a confrontarci, a consultare le mappe, i GPS, a scambiarci
importanti informazioni su dove accamparsi, trovare l?acqua e la
benzina, su quali siano i luoghi più emozionanti. Oggi sono cambiati
i mezzi e gli strumenti sono tecnologicamente avanzati, ma quello che
stiamo vivendo è l?antico rituale dei viaggiatori, degli esploratori.

Lungo la strada, nella steppa sterminata cominciano a comparire alcuni
edifici dismessi. L?eccitazione sale! Stiamo entrando nella zona del
cosmodromo!!
Al suolo sono visibili i segni di alcune costruzioni che ora non esistono più.
Improvvisamente eccole!! Le grosse parabole del centro radio del cosmodromo!!
Imbocchiamo direttamente la via che ci porta davanti al cancello principale .
Sappiamo che non ci permetteranno di entrare ma vogliamo provarci lo
stesso e poi cercheremo di raccogliere informazioni su come fare per
poter accedere al museo.
Ci vengono incontro due militari in parte stupiti di vederci.
Noi attuiamo la tecnica dei turisti sprovveduti e con il massimo
candore chiediamo se è possibile visitare il museo. Dai loro sorrisi
divertiti capiamo che sarà molto dura riuscire ad entrare.
Infatti ci spiegano, rigorosamente in russo, che per entrare dobbiamo
rivolgerci ad un?agenzia in città ma che non sarà facile riuscire a
passare visto che Baykonur città è un?enclave russa, come del resto
l?immenso cosmodromo.
Noi spieghiamo loro quale sia la passione che ci ha spinto fino a quel
luogo così remoto, parliamo di astronomia, di Gagarin, di
fantascienza, rigorosamente in inglese. Fumiamo insieme una sigaretta.
Chiediamo se è previsto qualche lancio e veniamo a sapere che il
prossimo sarà a metà agosto di notte. Ci immaginiamo lo spettacolo! La
partenza infuocata si dovrebbe riuscire a vedere da chilometri di
distanza nella steppa! Che meraviglia sarebbe essere lì quel giorno!
Il soldato più anziano ci dice che in città si trova l?hotel Sputnik
che applica buone tariffe e forse parlano italiano.
Anche essere lì, solo davanti a quel cancello, a parlare con i due
soldati ci emoziona.
Ci salutiamo e ci rechiamo all?ingresso della città passando accanto
alla ferrovia che tutti i giorni porta i lavoratori all?interno del
cosmodromo.
In lontananza si riesce a vedere l?edificio in cui vengono costruiti
i razzi, altissimo, imponente. Pare che sia così alto che a causa
della condensa si formino delle nuvole al suo interno.

Arrivati al check point un soldato senza nemmeno aver controllato i
nostri documenti ci intima di lasciare la fila che tanto sarà
impossibile entrare.
Non ci diamo per vinti. Parcheggiamo le moto e ci rivolgiamo all?altro
soldato nella guardiola. Questo è più gentile e sebbene ci sia una
fila continua di mezzi, ascolta le nostre ragioni e ci risponde
garbatamente, sempre e solo in russo.
Gli diciamo che dobbiamo andare all?agenzia per chiedere
l?autorizzazione all?accesso per il museo del cosmodromo. Lui dice che
dobbiamo telefonare ma che parlano solo russo. Ci spiega che comunque
l?agenzia ci mette qualche giorno a prendere in esame le richieste e
difficilmente accetta quelle di cittadini non russi a meno che non
siano lì per conto di qualche agenzia di stampa o per lavoro.
Noi insistiamo. Gli facciamo vedere i nostri passaporti con i visti
per la Russia. Lui fa una chiamata e poi segna i numeri dei nostri
visti. Pensiamo che sia fatta! Invece è una precauzione di sicurezza,
semmai ci venisse l?idea di entrare clandestinamente in città. La cosa
non sarebbe impossibile.
Sappiamo infatti che ci sono alcuni punti del muro di cinta dai quali
è possibile entrare.
Ma noi non vogliamo rischiare.
Lasciamo delusi il check point e andiamo a Torettam, la parte kazaka
della città dove mangiamo degli spiedini di pollo alla brace e beviamo
una birra.
Qui siamo accolti con estrema cortesia dalla famiglia che gestisce il chiosco.
Raccontiamo la nostra disavventura coi Russi e anche loro ci dicono di
non essere mai riusciti ad entrare nel cosmodromo ma di conoscere il
modo di entrare in città.
Sono molto simpatici e ci fanno sentire a casa. Il tempo passa e noi
stiamo proprio bene chiacchierando, mostrando qualche video del nostro
viaggio, facendo ascoltare la nostra musica dall?I-pod e scattando foto.
Loro ci offrono un?ottima birra Kazaka!
Solo il tramonto ci fa recuperare il senso del tempo. Dobbiamo montare
il campo ed è ora di andare.
Mentre ci prepariamo ci rendiamo conto di essere sbronzi!
Salutiamo i nostri amici e decidiamo di piazzare la tenda nella steppa
all?interno del perimetro del cosmodromo.
Il tramonto è meraviglioso e la notte sarà illuminata dalle luci del
centro radio. Siamo pronti per il lancio!
Tre,due,uno?..buona notte!!

Alberto e Diego